venerdì 2 agosto 2013

Così si 'strizzano' i dati nei computer quantistici: Uno studio italiano dimostra che la compressione è possibile.

Schema del processo che porta a trasferire i dati di due fotoni in uno (fonte: Sapienza, Università di Roma)
Fonte: ANSA Scienze
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Nuovo passo avanti verso i super computer del futuro che sfruttano la luce per la trasmissione dei dati. Una ricerca italiana ha dimostrato per la prima volta la possibilità di comprimere e decomprimere le informazioni 'scritte' nei pacchetti di luce senza rischiare di perderle. Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Photonics, si deve ai ricercatori delle università Sapienza di Roma e Federico II di Napoli.
La ricerca, coordinata da Fabio Sciarrino della Sapienza e Lorenzo Marrucci dell'università di Napoli, è stata finanziata dal progetto europeo 'Phorbitech' nell’ambito del programma Fet (Future Emerging Technologies).

Lo studio dimostra come sia possibile 'strizzare' in un'una particella di luce (fotone) tutti i dati normalmente scritti in due o più fotoni, e propone inoltre un metodo per realizzare il processo inverso. La possibilità di eseguire questa sorta di 'compressione' rappresenta un importante passo avanti per la tecnologia che sfrutta le proprietà del mondo quantistico (che governa gli atomi e le particelle elementari) per eseguire operazioni altrimenti impossibili secondo le leggi della fisica classica.

Fino ad oggi, ogni fotone poteva trasportare solo l’equivalente quantistico di un singolo bit d’informazione, il cosiddetto 'qubit' che può valere zero o uno, oppure trovarsi in un particolare stato quantistico che coinvolge entrambi i valori. Per fare in modo che uno stesso fotone trasportasse più di un qubit alla volta (usando diverse proprietà fisiche della luce come la polarizzazione, la lunghezza d’onda, o il profilo dell'onda) bisognava generarlo direttamente in questo stato.

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