mercoledì 17 ottobre 2012

Il batterio che produce pepite d'oro.

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I tempi cambiano, e se una volta l'oro si cercava con pazienza nei letti dei fiumi, ora c’è un nuovo modo per dare la caccia al prezioso metallo. Producendoselo in casa, meglio in laboratorio, grazie a un bioreattore contenente una colonia di batteri in grado di metabolizzare un composto liquido estremamente tossico (il cloruro aurico, anche detto oro liquido) producendo delle vere e proprie pepite da 24 carati. La nuova tecnica, illustrata all'interno dell'installazione artistica “The great work of the metal lover” (la grande opera degli amanti del metallo, nda), ha ricevuto un riconoscimento alla Prix Ars Electronica in Austria dove ha stupito il pubblico producendo pepite d’oro durante la dimostrazione.
L’opera nasce dalla collaborazione di due ricercatori della Michigan State University: Kazem Kashefi, professore di microbiologia e genetica molecolare, e Adam Brown, docente di arte elettronica. Gli scienziati hanno allestito una sorta di laboratorio portatile di vetro trasparente costituito da un bioreattore contenente un supporto placcato in oro. All'interno i ricercatori hanno quindi fatto crescere una colonia di batteri Cupriavidus metallidurans, microrganismi capaci di digerire un composto liquido molto tossico, chiamato cloruro aurico (AuCl3 o oro liquido) normalmente usato nell’industria metallurgica e farmaceutica.
Dopo circa una settimana di “alimentazione forzata” a base di elevate concentrazioni di cloruro aurico– ma mimando un processo che gli scienziati suppongono avvenire anche in natura - i batteri hanno prodotto una piccola quantità di oro puro da 24 carati.
Un aspetto interessante dello studio è che le condizioni usate nel bioreattore hanno dimostrato che i C. metallidurans sono una specie di super-batteri, mostrandosi almeno 25 volte più resistenti alle alte concentrazioni di cloruro aurico di altri microrganismi che vivono in condizioni simili. Ma non solo, secondo gli esperti questo potrebbe permettere di ottenere informazioni su come si è originato e formato l’oro sulla Terra.
“La nostra è neo-alchimia”, ha commentato Brown presentando l'esperimento: “Ogni parte, ogni dettaglio del progetto è un incrocio tra la moderna microbiologia e l'alchimia. La scienza prova a spiegare il mondo fenomenologico. Come artista, sto cercando di creare un fenomeno. L'arte ha la capacità di spingere la ricerca scientifica”. Tuttavia questo metodo non potrà essere utilizzato per produrre oro su scala industriale. Il cloruro aurico infatti non solo è alquanto raro in natura ma anche il processo di industrializzazione sarebbe estremamente costoso.
Riferimenti: Michigan State University
Credits immagine: G.L. Kohuth

Articolo scritto da Maria Antonietta Cerone

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