lunedì 26 ottobre 2009

Un laser a yoctosecondi.

Fonte: Le Scienze
Sfruttando il plasma quark-gluoni che può essere creato negli acceleratori sarebbe possibile generare impulsi della durata di un milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo.
Micro, nano, pico, femto, atto, zepto, yocto: non è una filastrocca nonsense ma la serie dei prefissi che indicano ordini di grandezza via via più piccoli. Fino a poco tempo fa si riteneva che gli ultimi due fossero stati creati più per gusto di completezza del sistema di misura che per una loro reale utilizzabilità. Ma pare che non sia così: un gruppo di ricercatori del Max-Planck-Institut per la fisica nucleare a Heidelberg ha mostrato come sia possibile progettare un laser a yoctosecondi. Per dare un'idea delle misure in gioco basti dire che uno yoctosecondo (10-24 s) rappresenta il tempo che la luce impega a coprire una distanza pari al diametro del nucleo di un atomo. Attualmente i laser più veloci possono produrre impulsi non più brevi di pochi femtosecondi (10-15 s), per quanto sia poi possibile ottenere impulsi dell'ordine degli attosecondi sfruttando le armoniche che risultano dall'interazione non lineare degli impulsi di femtosecondi con reticoli di atomi.Come scrivono Jörg Evers e colleghi in un articolo pubblicato sulle "Physical Review Letters", la chiave per ottenere impulsi di pochi yoctosecondi è quella di sfruttare la luce emessa da un plasma quark-gluoni, una "zuppa" di quark e gluoni (i vettori della forza che tiene uniti i quark nei protoni e nei neutroni) liberi. Si ritiene che questo stato della materia non sia più esistito in natura già un milionesimo di secondo dopo il big bang, ma può essere ricreato all'interno di acceleratori di particelle facendo collidere ioni pesanti ad altissime energie, come è già stato fatto nel Relativistic Heavy Ion Collider (RHIC) presso il Brookhaven Laboratory e lo sarà presto nel Large Hadron Collider (LHC) al CERN di Ginevra.I ricercatori, in particolare, hanno indicato il metodo con cui sarebbe possibile sfruttare l'emissione di fotoni che si verifica durante il raffredddamento di quel plasma per generare gli impulsi laser voluti. Sfruttando questa tecnica sarebbe possibile chiarire i processi che avvengono all'interno dei nuclei atomici, comprendere le reazioni all'interno delle stelle compatte e delle supernove e forse migliorare i progetti per i futuri reattori a fusione. In fondo, ricordano i ricercatori, le misurazioni alla scala dei femtosecondi hanno già trovato applicazione industriale per esempio nello studio dei processi di combustione per la progettazione di nuovi impianti di potenza. (gg)

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