mercoledì 8 luglio 2009

La chimica dei nano aggregati: dai laboratori al buco nell'Ozono.


A cura di Maurizio Melis
Scarica l'intervista a Marco Masia

C'è tutta una chimica sconosciuta, che fino a pochi anni fa non era nemmeno possibile esplorare, perché non esistevano gli strumenti adatti. Siamo, infatti, in uno di quei casi in cui è decisamente la tecnologia a stimolare nuova ricerca di base. Parliamo della chimica dei nano aggregati: cioè di una tutta una chimica che entra in gioco quando sono coinvolte poche molecole alla volta. E' una chimica che ha regole diverse da quella tradizionale, e tuttavia è alla base di numerosi fenomeni naturali. Per esempio, è implicata nella formazione del buco dell'Ozono.
Il primo anello della formazione del buco nell'Ozono è la dissociazione dell'acido cloridrico all'interno di gocce di acqua di pochi miliardesimi di metro, sospese nel gelo della stratosfera. Un dato riscontrato sperimentalmente, ma rimasto fin'ora senza una spiegazione. Nella stratosfera, la dissociazione dell'acido nelle nanogocce d'acqua catalizza - cioè favorisce e accelera - la creazione di cloro. È questo cloro che va poi a interagire con l'ozono causandone la scomparsa. Una reazione ben compresa dagli scienziati, tranne che per la sua prima fase: come può avvenire questa dissociazione nella stratosfera, dove la temperatura è bassissima? Perché vi sia una reazione, infatti, le molecole che vi prendono parte devono necessariamente avere sufficiente energia termica (calore) da interagire tra loro. Energia che certamente non posseggono nel gelo di quelle regioni.
Per risolvere questo enigma, i ricercatori hanno studiato la reazione grazie ai nanoaggregati, molecole piccolissime: le più piccole unità chimiche in grado di prendere parte a reazioni. Questi oggetti microscopici sono stati analizzati grazie a una tecnica innovativa, la spettroscopia infrarossa in elio superfluido, che consente di catturare in una goccia di elio le molecole che compongono il nanoaggregato nel quale avviene la reazione. L'elio è del tutto inerte chimicamente, così la piccolissima goccia diventa un vero e proprio "laboratorio microscopico", nel quale è possibile studiare in dettaglio la massa e le interazioni delle molecole che vi sono intrappolate. Raffreddando questo microlaboratorio al di sotto dei -272°, i ricercatori hanno finalmente potuto osservare "in diretta" il fenomeno di dissoluzione dell'acido.
La dinamica della dissociazione è semplice: quattro molecole di acqua e una di cloruro di idrogeno vanno ad interagire tra loro all'interno della nanogoccia. E il cloruro, cedendo un protone, fa si che si generi la più piccola goccia d'acido possibile. Ma da dove deriva l'energia per questa reazione? La spiegazione, sostengono gli scienziati, sta tutta in un fenomeno detto di aggregazione molecolare: molecole "lontane" fra loro - anche se dotate di poca energia termica - tendono ad attirarsi, e da questo processo di avvicinamento si genera proprio l'energia cinetica (e quindi termica) necessaria a causare la reazione. Uno degli aspetti più sorprendenti è che la dissociazione si verifica sempre e soltanto quando la quarta molecola d'acqua "cade" sull'acido cloridrico, che nel frattempo si è già legato ad altre tre molecole (vedi immagine).
Questo processo era ignoto, è cioè una nuova modalità con cui le molecole possono interagire a bassa temperatura, finora sconosciuta. Si tratta quindi un dato molto generale, che va al di là del caso specifico dell'Ozono. Per esempio, un tale processo potrebbe essere responsabile, almeno in parte, della formazione di molecole complesse nello spazio.
L'esperimento è stato condotto da ricercatori dell'Università tedesca di Bochum, mentre parallelamente, Marco Masi dell'INFM e dell'Università di Sassari, ha sviluppato la teoria e simulato la reazione al computer, fornendo così la chiave di lettura a quanto osservato. Lo studio si è guadagnato la pubblicazione su Science.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Vedi : www.edscuola.it/archivio/lre/ARTE_E_SCIENZA_CAMBIAMENTO.pdf
Paolo LRE@UNIFI.IT