lunedì 6 luglio 2009

Fasce di van Allen: Cosa sono? Quali pericoli comportano per il genere umano?

Fonte: Wikipedia
La fascia di van Allen è un toro di particelle cariche (plasma) trattenute dal campo magnetico terrestre. Quando la fascia è eccitata, alcune particelle colpiscono l'alta atmosfera e danno luogo a una fluorescenza nota come aurora polare. La presenza della fascia di van Allen era già stata teorizzata prima dell'era spaziale, ma ottenne una conferma sperimentale solo con il lancio delle missioni Explorer 1 (31 gennaio 1958) ed Explorer 3, sotto la supervisione del prof. James van Allen. I primi studi sistematici della fascia di radiazioni furono eseguiti grazie alle sonde Explorer 4 e Pioneer 3.
Da un punto di vista qualitativo, è utile notare che la fascia di van Allen consiste in realtà di due fasce che circondano il nostro pianeta, una interna ed una più esterna. Le particelle cariche sono distribuite in maniera tale che la fascia interna consiste principalmente di protoni, mentre quella esterna consiste principalmente di elettroni.
Sebbene il termine fasce di van Allen si riferisca esplicitamente alle cinture che circondano la Terra, simili strutture sono state osservate attorno ad altri pianeti. Il Sole, al contrario, non possiede fasce di radiazioni durevoli nel tempo.
L'atmosfera terrestre limita inferiormente l'estensione delle fasce ad un'altitudine di 200-1000 km; il loro confine superiore non arriva oltre i 40.000 km ( che corrispondono a circa 7 raggi terrestri) di distanza dalla superficie della Terra. Le fasce si trovano in un'area che si estende per circa 65 gradi a Nord e a Sud dell'equatore celeste.
La fascia esterna:
La fascia di van Allen esterna si estende ad un'altitudine di circa 10.000–65.000 km ed è particolarmente intensa tra i 14.500 km e i 19.000 km. Si ritiene che essa consista di plasma intrappolato dalla magnetosfera della Terra. Il satellite sovietico Luna 1 ha registrato la presenza di pochissime particelle altamente cariche all'interno di questa fascia. Qui gli elettroni mostrano un flusso particolarmente intenso, e quelli con un'energia cinetica E > 40 keV possono disperdersi nello spazio interplanetario. Questa continua perdita di particelle cariche è un effetto del vento solare.
La fascia esterna contiene diversi tipi di particelle, fra cui elettroni e numerosi ioni. La maggior parte degli ioni compare sotto forma di protoni energetici, ma vi è anche una certa percentuale di particelle alfa e di ioni di ossigeno O+, simili a quelli presenti nell'atmosfera ma assai più energetici. La presenza di diverse categorie di particelle suggerisce che la fascia sia generata dalla concomitanza di diversi fenomeni.
Rispetto alla fascia interna, quella esterna è più estesa ed è circondata da una regione a bassa intensità nota come ring current. Essa contiene inoltre una maggiore varietà di particelle ed è caratterizzata da un livello di energia minore (meno di 1 MeV), che aumenta significativamente solo quando una tempesta magnetica provoca la risalita di nuove particelle dalla magnetosfera.
Il merito della scoperta della fascia esterna è conteso fra gli Stati Uniti (con l'Explorer 4) e l'Unione Sovietica (con gli Sputnik II/III).
La fascia di van Allen e il volo spaziale:
I pannelli solari, i circuiti integrati e i sensori possono rimanere danneggiati da intensi livelli di radiazione. Nel 1962 un'esplosione nucleare ad alta quota (la cosiddetta prova Starfish Prime) provocò un temporaneo aumento di energia nella regione, causando malfunzionamenti in numerosi satelliti. Può anche accadere che le componenti elettroniche delle sonde risultino danneggiate da forti tempeste magnetiche. La miniaturizzazione e la digitalizzazione dei circuiti logici ed elettronici hanno reso i satelliti più vulnerabili all'influsso delle radiazioni, giacché la carica degli ioni impattanti può essere addirittura maggiore di quella contenuta del circuito. Oggigiorno i sistemi elettronici dei satelliti vengono resi più resistenti alle radiazioni per durare più a lungo. I sensori del telescopio spaziale Hubble, ad esempio, vengono sovente spenti quando l'apparecchio attraversa regioni di radiazione intensa come l'Anomalia del Sud Atlantico.
Le origini della fascia:
Si ritiene comunemente che le fasce di van Allen siano il risultato della collisione del vento solare con il campo magnetico terrestre. La radiazione solare viene quindi intrappolata dalla magnetosfera. Le particelle elettrocariche vengono respinte dalle regioni dove il campo magnetico è più intenso, ovvero quelle polari, e continuano a rimbalzare in direzione nord-sud nelle zone tropicali ed equatoriali.
La separazione fra la fascia interna e quella esterna è causata dalla presenza di onde radio a bassa frequenza che respingono le eventuali particelle che potrebbero venirsi a trovare in tale regione. Tempeste magnetiche particolarmente intense possono spingere delle particelle cariche in questa zona, ma entro pochi giorni l'equilibrio viene ristabilito. Si pensava inizialmente che queste onde radio fossero generate da turbolenze presenti nelle fasce stesse, ma un recente studio ad opera di James Green, del Goddard Space Flight Center della NASA, ha evidenziato un legame con le misurazioni dell'intensità e della distribuzione dei fulmini effettuate dal satellite Micro Lab 1.
In passato l'Unione Sovietica accusò gli Stati Uniti di aver dato origine alla fascia di van Allen interna a seguito di test nucleari effettuati nel Nevada; allo stesso modo, l'URSS stessa è stata accusata dagli statunitensi di aver generato la fascia esterna. Non è chiaro come gli effetti degli esperimenti nucleari avrebbero potuto superare l'atmosfera e raggiungere l'altitudine che caratterizza le fasce di radiazioni; certamente non è stata osservata alcuna diminuzione apprezzabile della loro intensità da quando i test nucleari nell'atmosfera sono stati banditi per trattato.
Rimuovere le fasce di van Allen:
Le fasce di van Allen costituiscono un pericolo per i satelliti artificiali e sono fonte di preoccupazioni per la salute umana; la costruzione di scudi per proteggere macchinari e uomini dal loro influsso è particolarmente onerosa dal punto di vista economico.
Una recente proposta da parte di Robert Forward, nota come HiVolt, suggerisce un metodo per portare nel giro di un anno il livello della fascia interna all'1% di quello attuale. La sua proposta comporta il dispiegamento di trappole elettricamente cariche in orbita; in questo modo gli elettroni dovrebbero essere deflessi dal campo elettrostatico generato artificialmente e dovrebbero disperdersi senza danni.

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