martedì 17 marzo 2009

Tevatron: nuovi risultati sul Bosone di Higgs (non può esistere tra i 160 e i 170 GeV/c2)

FONTE

Sembra restringersi il territorio di caccia per stanare la particella di Higgs, la più ricercata dai fisici di tutto il mondo.
Così almeno affermano gli scienziati del grande laboratorio di fisica americano, il Fermilab, situato a Batavia, alla periferia di Chicago. Nei giorni scorsi, durante l’annuale conferenza Electroweak Physics and Unified Theories, sono state rese note le analisi sugli ultimi risultati degli esperimenti condotti dai due gruppi operanti presso l’acceleratore Tevatron, cioè la macchina per la fisica delle alte energie che è ancora la più potente del mondo in attesa che inizi a funzionare (nel prossimo settembre) l’acceleratore LHC di Ginevra, tuttora in fase di manutenzione. Ebbene, stando alle valutazioni dei fisici del Tevatron, la massa del bosone di Higgs sarebbe da collocare nella fascia più bassa dell’intervallo nel quale è prevedibile individuarlo. Da tempo tale intervallo è stato stabilito tra i 114 e i 185 GeV/c2 (Gigaelettronvolt, cioè la speciale unità di misura della massa delle particelle elementari): il limite inferiore è stato trovato a seguito degli esperimenti condotti al Cern con il precedenti acceleratore Lep; quello superiore è stato dedotto teoricamente in base al valore di altri parametri. Solo in questo intervallo di valori c’è speranza di scovare la particella che dovrebbe aiutarci a capire la natura della massa nell’universo, con tutte le implicazioni che è facile immaginare. Ora però sembra che i valori superiori, almeno quelli tra 160 e 170 GeV/c2, siano da scartare.
Sono due gli esperimenti che hanno portato a questi risultati: quello denominato CDF, Collider Detector at Fermilab, cioè un rivelatore di particelle elementari che analizza i risultati delle collisioni protone- antiprotone; e quello noto come DZero, che rivela le collisioni in un altro punto della folle corsa delle particelle e si avvale di altri strumenti tra i quali un calorimetro a campionatura ad argon liquido. Combinando i risultati dei due esperimenti, i fisici aumentano i dati a loro disposizione per verificare le caratteristiche delle particelle previste dal cosiddetto Modello Standard. È questo il modello attualmente più accreditato per spiegare il microcosmo riducendolo a pochi componenti elementari, suddivisi in particelle pesanti (come i protoni e i neutroni), in quelle leggere come gli elettroni, in quelle di massa quasi nulla come i neutrini; e poi ci sono i fotoni, che trasportano tutti i tipi di radiazioni e inoltre una serie di particelle esotiche di materia e antimateria. In questo quadro c’è posto, almeno teoricamente, per il bosone di Higgs del quale però non si è ancora riusciti ad catturare le impronte rivelatrici. Quello che i due esperimenti del Fermilab sono riusciti a misurare sono i dati di un certo numero di collisioni utili: finora hanno analizzato un terzo degli impatti e ciò è stato sufficiente per poter dedurre quella previsione che esclude la zona alta delle energie possibili per la cattura di Higgs.
Se queste previsioni saranno confermate, la conseguenza più evidente è che la caccia alla celebre particella diventerà più difficile: infatti, se abbiamo a che fare con energie più basse, le particelle prodotte nel decadimento della particella saranno più facilmente confondibili con tante altre che contribuiscono a creare una sorta di “rumore di fondo” subatomico. Quindi l’evento, che potrebbe svelare i segreti della materia, risulterebbe essere mascherato e molto difficile da evidenziare con chiarezza.
Non si può comunque dire che si tratti di una brutta notizia: fa parte della normale avventura di chi indaga la realtà naturale che è quella che è: Ed è anche inutile alimentare la polemica se questi risultati potranno avvantaggiare il Tevatron o l’LHC nel giungere per primo a tagliare l’atteso traguardo. In entrambi gli schieramenti l’atmosfera resta di ottimismo e la convinzione di poter sparare il colpo decisivo non subisce tentennamenti. Si tratterà piuttosto di affinare ancor più le tecniche e gli strumenti, sia pratici che teorici, per far fronte a una sottigliezza e imprevedibilità della natura che non smette di sorprendere gli scienziati e di stimolare la loro creatività.

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